venerdì 31 ottobre 2014

Il rapporto Svimez, il divario Nord-Sud e le leggi approvate dal primo Parlamento italiano

Gigi Di Fiore

Il Sud è al tracollo. Mai così male, negli ultimi 40 anni. Lo Svimez diffonde cifre da brividi: del 12,7 per cento crollati i consumi; del 4,2 gli investimenti. Solo due volte, dall'unità d'Italia in poi, al Sud ci sono stati più defunti che bambini nati. La prima volta fu nel 1867.

Male, male, male: il divario aumenta e l'occupazione è come fu nel 1977, con 583mila posti di lavoro persi. Il sottosegretario Graziano Delrio parla di "Sud diventato la Germania dell'Est dell'Italia" e il presidente dello Svimez, Adriano Giannola, denuncia: "Negli ultimi 25 anni si è puntato solo sulla locomotiva Nord, dimenticando il Mezzogiorno".

C'è da chiedersi, parlando d'Italia, se privilegiare il Nord nelle scelte politico-economiche sia fenomeno soltanto degli ultimi 25 anni o se, per caso, il nostro non sia sempre stato un Paese nord-centrico nei suoi obiettivi di sviluppo. Il divario economico si ridusse negli anni del boom economico nei primi anni '60 del secolo scorso: lo dicono le cifre del Pil di quel periodo riportate anche dai professori Daniele e Malanima. Periodo che coincise con l'avvio della Cassa del Mezzogiorno, che significò investimenti e opere pubbliche in grado di trainare l'economia meridionale.

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domenica 26 ottobre 2014

Investimenti pubblici, il clamoroso caso ferrovie: 98,8% di fondi al Nord. Al Meridione solo le briciole

Marco Esposito

La Leopolda è un’ex stazione ferroviaria. Lì ieri Debora Serracchiani, che coordina il tavolo trasporti, ha detto che in Italia bisogna investire soprattutto in ferrovie e «soprattutto al Sud». In effetti tra Sblocca Italia e legge di Stabilità ci sono quasi 5 miliardi di risorse fresche per le ferrovie (4.859 milioni), però con questa ripartizione territoriale: 4.799 da Firenze in su e 60 milioni a Sud di Firenze. Per chi ama le percentuali, il rapporto è 98,8% a 1,2%. È possibile immaginare qualcosa di più squilibrato? Forse la Serracchiani, che vive a Udine, per Sud intende il vicino Sud Tirolo perché di Mezzogiorno, negli ultimi provvedimenti del governo, ce ne è davvero poco, mentre per due volte a distanza di un mese si è finanziato per il Tunnel ferroviario del Brennero.

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venerdì 24 ottobre 2014

Bandiera delle Due Sicilie in caserma, storia di sconfinamenti.

di Angelo Forgione

Corre sul web la notizia della denuncia (non arresto) di due persone, Ferdinando Ambrosio (36) e Nicola Terlizzi (38), per aver esposto la bandiera del Regno delle Due Sicilie al termine della 
Corsa Storica dei Bersaglieri a Monte di Dio del 22 ottobre. Sarebbero stati fermati dalla Digos e denunciati per vilipendio alla nazione italiana e introduzione in luogo vietato.

Ambrosio e Terlizzi, evidentemente, intendevano lanciare un messaggio preciso, ben consci che i Bersaglieri (come i Carabinieri) sono un’Arma di origine piemontese, costituita nel 1836, utilizzata negli stupri e nei saccheggi dei territori meridionali durante l’invasione del Regno delle Due Sicilie, e rappresentano un simbolo di piemontesizzazione della Penisola. Il problema, nella poco chiara vicenda di cui sono protagonisti i due manifestanti, sta proprio nel luogo in cui sarebbe avvenuto il fermo: la caserma “Nino Bixio”, tra l’altro assegnata alla Polizia di Stato ma un tempo “Gran Quartiere di Pizzofalcone”, fortezza del Seicento costruita per accogliere le truppe fino ad allora alloggiate ai Quartieri Spagnoli e poi assegnata dopo l’Unità al 1° Reggimento dei Bersaglieri di Napoli, dedicata a Nino Bixio, colui che nel 1863 scrisse alla sorella riguardo al Meridione: “[...] Se io dovessi vivere in queste regioni preferirei bruciarmi la testa… [...] Questo insomma è un paese che bisognerebbe distruggere o almeno spopolare e mandarli in Affrica a farsi civili!”.

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domenica 12 ottobre 2014

Gigi Di Fiore: L'immagine di Napoli

Mai, come negli ultimi tempi, siamo stati tanto bombardati da documentari, programmi di approfondimento, salotti televisivi che propongono le loro letture su Napoli. Città senza facce, o da troppe facce. Città enigmatica, porosa, dove la penetrabilità, in pochi metri, tra diversi ambienti sociali, è storicamente consolidata.

A Chiaia, in pochi metri, convivono i Quartieri spagnoli e via dei Mille. Ad un tiro di schioppo l'uno dall'altro. L'immagine di Napoli è nella serie di successo di Gomorra. Qui il male è sovrano, il protagonista è il boss della camorra su cui si riflettono, inevitabilmente, simpatie e sorrisi. Il male ha sempre il,suo fascino, specie in ambienti poco attrezzati culturalmente. Figuriamoci il male che diventa narrazione spettacolare, fiction a effetto dove tutto è esagerato. E, in questa serie tv, la camorra si fa Napoli.

L'immagine di Napoli è nello speciale di Servizio pubblico sul Rione Traiano. Qui, dopo la morte di Davide Bifolco, l'adolescente ucciso in circostanze da accertare da un carabiniere, le telecamere vanno a caccia dell'illegalità. E hanno, quando la pesca è mirata, solo l'imbarazzo della scelta: le piazze dello spaccio di droga, le famiglie del clan che controlla il quartiere, i giovani tutti uguali sul motorino costoso, che guidano senza casco, con i loro tatuaggi, la frasi contro lo Stato e l'atteggiamento di chi ha qualche torto subito da vendicare.  L'immagine di Napoli è l'illegalità diffusa.

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sabato 11 ottobre 2014

Lino Patruno: Venghino venghino c’è lavoro in Germania

di Lino Patruno

Dunque, arrivano “cacciatori di teste” tedeschi e si vengono a prendere la nostra meglio gioventù. Ingegneri, soprattutto ingegneri. Poi tecnici dall’aeronautico all’ambientale. Ma anche medici, farmacisti, infermieri. Quelli che sarebbero fondamentali anche per il Sud se non fosse lasciato senza lavoro. Quelli sfornati dalle nostre università e dalle nostre scuole pur così vilipese. I bellissimi ragazzi di cui tutti parlano come grande risorsa. Appunto, risorse umane secondo il cieco linguaggio della burocrazia. Emissari hanno fatto le selezioni in Puglia, e le faremo sapere.
 Perché possano essere scelti devono però conoscere la lingua tedesca, non è neanche sufficiente l’inglese. Pensate che altro sacrificio. Beh, sapete, se non sono idonei i meridionali italiani, sa quanti ce ne sono pronti da Spagna, Grecia, Irlanda, Portogallo, per non parlare dei Paesi dell’Est. Perché in un’Europa che dovrebbe essere unita, la Germania è l’unica a poter abusare. E consentirsi di prosciugare gli altri delle loro, appunto, risorse umane. Senza capire che, stremando gli altri con l’ossessivo rigore, gli altri cominciano ad acquistare sempre meno da lei, che infatti perde colpi. Ma è più facile che George Clooney divorzi fra qualche giorno che la cancelliera Merkel ammorbidisca la sua testa.

 Eppure, che dire a chi ti offre un lavoro che tu non hai? Dobbiamo ringraziarli, meno male. Già De Gasperi, sessant'anni fa, invitava a imparare le lingue per poter emigrare. Emigrazione cioè come destino, la normalità, anzi un’opportunità offerta non una condanna imposta. Ma già da quando l’emigrazione dal Sud è cominciata, fine ‘800, i mediatori e i procacciatori di braccia andavano in giro a reclutare. E poi, non è stato un meridionale stesso come Eduardo De Filippo a pronunciare il famoso “fuitevenne”? Scappatevene. E oggi ci sono altri intellettuali meridionali a dire che viene da ripeterlo. Anzi c’è chi dice esplicitamente che chi se ne va fa bene. E del resto, che ci rimangono a fare a morire dentro senza lavoro?

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sabato 4 ottobre 2014

Stefano Lo Passo: Ogni lucano paga all'Italia 4 milioni di euro all'anno in oro nero

In tempi di lega e crisi lo scenario nel Mezzogiorno d’Italia appare quanto mai oscuro. I dati Svimez evidenziano il rischio estinzione dell’industria (-15,8%), l’agricoltura arretra di cinque punti percentuali e la disoccupazione sfiora il 24%, in pochi anni si rischia di grattare il fondo. Per tutta risposta lo stato Italiano continua a spostare le risorse destinate al Sud al centro Nord ed a ripartire in maniera squilibrata i fondi nazionali (vedi i fondi FAS ed i fondi CIPE) tra la quasi totale indifferenza della classe politica eletta nei collegi elettorali del Mezzogiorno. Gli uomini posti ai vertici istituzionali del Sud dimostrano sempre più di esser asserviti a poteri a cui poco o niente interessa delle sorti del Sud.

A riprova che la causa di tale disastro sia la politica nazionale sfavorevole al meridione c’è l’evidenza che alcuna regione del Sud fa eccezione e la classifica in base alla ricchezza stillata da Eurostat [2], delimita un quadro ben preciso rappresentativo della spaccatura interna al paese che non si sarebbe mai potuta avere se non con una precisa volontà discriminatoria, ormai cronica e indicativa dell’intramontabilità di taluni poteri durante la storia patria; basti pensare come in soli vent'anni sia stata livellata l’economia della Germania dell’Est a quella dell’Ovest e come invece in 150 anni sia stato affossato l’apparato finanziario, industriale e bancario del Meridione d’Italia.

Tuttavia, se la volontà politica ha voluto premiare il settentrione su tutti i livelli di sviluppo, il meridione ha senz'altro avuto in dono incredibili risorse naturali che se tramutate in denaro, e riutilizzate sul territorio, potrebbero capovolgere l’attuale situazione Italiana.

La Basilicata è lo scrigno del Mezzogiorno e non solo; nel sottosuolo del Parco Nazionale della Val d’Agri vi è il più grande giacimento petrolifero dell’Europa continentale (sesto nel mondo) in cui sono stimati esser contenuti 465 milioni di barili di petrolio di ottima qualità. Da circa quindici anni è iniziata l’estrazione ad opera di Eni\Agip e Total con 47 pozzi aperti  che estraggono ogni giorno 92.900 barili, quasi il 9% dell’intero fabbisogno Nazionale [3]. Considerando che l’attuale prezzo al barile è di 90$, la Basilicata “versa” alle casse dello stato Italiano ed in quelle degli azionisti privati circa tre Miliardi e mezzo di dollari l’anno, ovvero circa due miliardi e mezzo di euro ai quali va tolto il 7% di royalties destinati alle comunità locali (nel 1958 Enrico Mattei considerava ‘un insulto’ il 15 % che le Sette Sorelle versavano ai Paesi produttori e parlava di reminiscenze imperialistiche e colonialistiche della politica energetica).

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